Patch Adams, il medico del sorriso

Ho avuto modo di vedere, per la terza volta, il film “Patch Adams”. Nel mio articolo non parlerò della trama del film ma di alcuni tratti salienti della biografia del vero personaggio e concluderò con alcune esperienze personali .

Hunter Doherty Patch Adams, meglio conosciuto come  Patch Adams, è nato nel 1945 a Washington. Visse in molti Stati in quanto il padre, ufficiale dell’esercito, veniva spostato continuamente. Rimase orfano di padre a soli 16 anni e questa perdita lo segnò moltissimo.

Dopo la sua morte infatti divenne un alunno ribelle e anticonformista. Vicissitudini familiari e personali lo portarono a uno stato depressivo talmente alto che disse alla madre di avere necessità di essere ricoverato in un istituto psichiatrico, poichè i suoi pensieri vertevano verso il suicidio.

Nel periodo di internato nell’Istituto venne colpito da alcuni atteggiamenti, a lui non graditi, rivolti  ai ricoverati, mentre vide che il suo approccio personale verso di  essi li aiutava. Ma il vero aiuto lo ebbe lui da loro.  

Aveva capito cosa dovesse fare nella sua vita: intraprendere lo studio della medicina. Voleva diventare Medico!

Aiutare il prossimo era il primo dei suoi obiettivi, era diventato il suo scopo principale, ma dovette lottare con le istituzioni in quanto interpretava  il suo ruolo di Medico in maniera alquanto particolare. Per lui la vera medicina era far sorridere gli ammalati, fossero bambini o adulti, malati occasionali o terminali.

Secondo Patch Adams, l’humour era stato da sempre ritenuto salutare. Egli diceva che l’humour è un eccellente antidoto allo stress, che l’umorismo è vitale per sanare i problemi dei singoli, delle comunità e delle società.

Il motto “buffo” significava buono, felice, benedetto, fortunato, gentile e portatore di gioia. Indossare un naso di gomma ovunque andasse  cambiò la sua vita. Non per niente venne accusato di “troppa allegria!”.

Mosso da buoni propositi, lungi dal volere una carriera remunerativa, mise a disposizione dei più deboli e bisognosi la sua casa, convinto che la guarigione dovesse essere un interscambio umano, non un business. 

Successivamente comprò un terreno nel Nord Carolina dove costruì una clinica vera e propria. Vista dall’alto doveva rappresentare un clown.

Con un gruppo di volontari riuscì a curare in 10 anni circa 15000 malati senza richiedere compensi di nessun genere.

Fondò anche il Gesundheit Institute, un progetto da lui ideato di libera assistenza sanitaria con l’obiettivo di integrare in un ospedale tradizionale la medicina alternativa e programmi educativi.

Nell’ingresso del suo ospedale viene riportata questa frase:

«Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie, ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione. La salute si basa sulla felicità, dall’abbracciarsi e fare il pagliaccio al trovare la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazione nel lavoro e l’estasi nella natura delle arti[»

Grazie di esserci stato, caro Patch Adams, e grazie a tutti i volontari che hanno deciso di seguirti in questo cammino.

                   Patch Adams

              Gesundheit Institute

Io, tanti anni fa, giovane infermiera presso un Ospedale genovese nel Reparto di Dermatologia, ho avuto la fortuna di incontrare il “mio Patch Adams”. Era il Primario del reparto, un uomo che non era solare come il medico di questo articolo, ma le intenzioni e gli obiettivi erano gli stessi.

Aiutare il prossimo, il malato, stargli vicino nel percorso difficile e doloroso del suo male. Il suo ricordo è insito in me, ricordo le lunghe ore che trascorreva nel suo studio a “leggere” i vetrini per la diagnosi dei “suoi” pazienti. Lunghe ore al buio dove gli orari del pranzo e a volte della cena si susseguivano senza che lui uscisse dallo studio. Quello era il suo mondo!

Quanti giovani, che economicamente non potevano farcela,  sono riusciti invece a intraprendere gli studi scelti grazie a lui. Li seguiva e li aiutava in tutto il percorso di studio. Tutto nel maggior riserbo possibile.

Ha seguito, nell’Ospedale San Martino di Genova, i soggetti colpiti da malattie tropicali, tra cui la lebbra. Ma non raccontava mai nulla di se, quello che faceva lo si veniva a sapere sempre tramite  altre vie. Il suo silenzio lo isolava da tutto, ma non dai malati. Per loro aveva sempre una parola altre vie. Il suo silenzio lo isolava da tutto, ma non dai malati.

Questo esempio mi ha aiutato molto nella mia carriera infermieristica.

Grazie Professore!

La storia di un lupo e di una pecora

C’era una volta un lupo cattivo, di nome Rex. Egli governava nella foresta e molti animali avevano paura di lui.

Ai piedi della foresta c’era una grande cascina con tantissime pecore.

Queste erano il sostentamento dei loro padroni, perchè le coltivavano sia per la lana che per il latte e formaggio. Erano a centinaia. Avevano tutte un nome ma quella della nostra storia si chiamava Gelsomina.

Era giovane, amava mangiare e forniva molto latte.

Un giorno Rex, avendo molta fame, decise di scendere verso la cascina, ben sapendo che il contadino aveva un grosso fucile. Ma la fame era troppa, doveva farsi coraggio e affrontare il suo destino.

Una volta uscito dai boschi si avvicinò cautamente e vide per prima la pecora che brucava l’erba, lontana dal gregge. Che magnifica e facile preda!

Rex si avvicino a Gelsomina, ignara di tutto e quando gli fu abbastanza vicino ululò forte per spaventarla e farla scappare verso il bosco. E infatti fu così, la pecora, invece di avvicinarsi alle sue compagne si allontanò sempre di più. Impaurita e sola cominciò a belare cosi forte che i cani della cascina, sentendola, accorsero in suo aiuto. Rex, impulsivamente, azzannò a una zampa uno dei cani, ferendolo seriamente. Questi non poteva scappare!

Ma il lupo si avventò anche contro gli altri cani facendoli fuggire a “zampe levate”.  E Rex dietro………

Tutto questo trambusto attirò il padrone della cascina che, preso il fucile,  si mise a seguire le tracce del lupo, pronto ad ucciderlo. Ma nel frattempo trovò il suo amato cane ferito. Arrabbiato vorrebbe farsi giustizia ammazzando il lupo ma lo intravide nella fitta boscaglia insieme a 3 lupetti. Non ebbe così il coraggio di sparargli contro.

Prese il suo cane, se lo caricò sulle spalle per portarlo verso casa e nel tragitto pensò alla motivazione che aveva spinto il lupo verso la cascina, quindi verso il pericolo: poter nutrire i suoi piccoli.

Allora il contadino si fece furbo, costruì una bella recinzione con il filo elettrico, a prova di lupo e di qualsiasi altro animale.

Morale: a tutto c’è una ragione, importante è conoscerla in tempo.

Notizie varie e nuova fiaba dei nonni

Gli ospiti della struttura di cui ho già menzionato mi sbalordiscono sempre di più, continuano a lavorare sulle nuove favole, collaborano maggormente e aumentano di numero. L’interesse è alto, qualcuno interagisce di più, qualcuno di meno ma alla fine i risultati si vedono. Ogni settimana una nuova fiaba prende forma. Le scelte finora vertono sempre sugli animali. Abbiamo scritto di cani, gatti, scoiattoli, uccelli, lupi, capre, ecc ecc. Abbiamo pensato insieme di decidere i soggetti della settimana successiva, in modo che ognuno abbia tempo di pensare come strutturare la storia o cercare idee o ricordi fra la “biblioteca” che abbiamo in testa.

Cito questa frase famosa “Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia”. Questa frase sta a indicare che gli anziani sono tradizionalmente considerati i custodi del sapere, poiché hanno una saggezza e un’esperienza superiore alla nostra.

Originariamente questa frase era “Quando in Africa muore un vecchio, è una biblioteca che brucia”, il famoso pensiero espresso da Amadou Hampâté Bâ, detto Amkoullel, uno dei più grandi protagonisti della cultura africana.

Ecco quindi:

L’amicizia è superiore alla cattiveria

C’era una volta due simpatici scoiattoli, Rolly e Chicco, che vivevano in un grande bosco e avevano costruito da soli la loro casetta su di un albero. L’avevano costruita utilizzando paglia, rami, muffa. Erano stati così bravi nell’aver anche costruito una piccola scaletta utilizzando alcuni rami legandoli con la paglia. Dentro la casetta avevano portato, pensando al lungo inverno, noci, noccioline, ghiande e alcuni insetti.

Avevano proprio tutto!

Intorno all’albero però girava una dispettosa puzzola, dal mantello nero e bianco e ogni volta che arrivava i due scoiattolini dovevano scappare per l’odore che essa emanava.

La puzzola, che si chiamava Zinetta, non piaceva assolutamente a Rolly e Chicco.

Un giorno, mentre scavavano alla ricerca di cibo e avevano già riunito qualche noce la puzzola si avvicinò e cominciò a mangiare alcune delle loro noci ma, ahimè, una di queste si incastrò in gola non permettendole così di respirare.

I due scoiattoli, vedendo la scena, corsero da lei dandole delle “pacche” sulla schiena finchè la noce non uscì dalla bocca.

Da quel giorno la puzzola, riconoscente, gli aiutò a trovare del cibo e formarono cosi una grande famiglia.

Inoltre la puzzola non spruzzò più verso di loro il suo odore nauseabondo.

Morale: se fai del bene ricevi del bene

 

 

Le favole dei nonni online

anziani pc

Come avevo già descritto un pò di tempo fa, interagisco con alcuni anziani di una Casa di riposo in cui gli ospiti svolgono molte attività. Il servizio educativo e di animazione di questo centro si propone di allietare gli ospiti con attività ludiche/ricreative. Ogni giorno le attività variano e, tra queste, è stato inserito un progetto, da me condotto,  centrato sempre sulle favole.

E oggi inserisco nel blog la loro prima favola inedita. La storia, i personaggi, i nomi, il titolo, la morale, i disegni, la scrittura. Tutto creato da loro! Il mio compito è stato solo quello di “coordinare” il tutto, assemblarlo. E voilà, la favola è stata creata!

La prima favola si intitola “Da nemici ad Amici”

Mani di donna

Riflettendo sul tema “Mani”, per una serata dedicata alle donne, mi sono detta che se queste mie mani potessero raccontare ciò che hanno fatto e toccato non basterebbe un giorno per descrivere il tutto.

Riflettendoci sopra ho capito che sono state, nel corso di tutti questi anni, la cosa più importante della mia vita. Nessun altra parte del corpo le eguaglia, le mani sono il primo strumento del genere umano, comandate dal nostro cervello e dalla nostra volontà.

Ho pensato allora a queste mie mani, ormai stanche dalle troppe cose fatte nel corso degli anni. Se raccontassi tutti i lavori fatti la serata si allungherebbe troppo, allora mi soffermo sui tre lavori più importanti della mia vita, lavori che ho amato e che mi hanno accompagnato nel corso degli anni.

Queste mie mani, ancora acerbe, insicure, deboli,  hanno spinto con forza e precisione per tanti anni macchine da maglieria pesanti e arrugginite, ma contemporaneamente si “ammorbidivano” per ricamare sulla lana, con precisione e delicatezza. Dal niente formavano immagini, parole, simboli. Queste mie mani hanno creato armoniose figure con il filet, lavoro semplice ma preciso. 

Queste mie mani hanno tenuto al caldo, nel  loro tepore, bimbi appena nati, sentendo battere il loro cuore per la prima volta fuori dal grembo materno. Hanno lavato con delicatezza e amore piccoli esseri venuti al mondo. Hanno medicato, sorretto, fatto iniezioni, gessi; hanno consolato e asciugato lacrime, svolgendo per tanti anni , uno dei lavori più belli al mondo, l’Infermiera. Hanno stretto, con delicatezza e forza mani deboli, mani rugose, mani deformi, mani tremolanti, mani cianotiche, mani scarne, mani fredde. Queste mie mani hanno vestito a festa, con delicatezza e commozione , giovani e anziani, nell’ultimo viaggio in questo mondo, perché una volta questo lavoro era compito dell’infermiera.

Poi sono passate da candide e sterili, a mani sporche di terra, con unghie irriconoscibili, nel nuovo lavoro ventennale di vivaismo. Hanno aiutato la natura, il mondo vegetale ad ‘esplodere’, a dare alla luce, a potenziare un piccolo seme in un grande albero.

Sapere che il lavoro di queste mie mani è in tutta Italia e all’estero, che molte piante tropicali fatte crescere da me, usando queste mani, sono distribuite ovunque, mi rallegra il cuore. Una parte di me, del mio lavoro, cresce e porta felicità, colore, ombra, frutti, ecc…

E’ un qualcosa che non avrà mai fine e questo si propagherà sempre di più. Tutto questo per opera di due piccole mani. Con queste emozioni che descrivo un piccolo passo che avevo scritto per una rivista, all’inizio della mia attività di vivaista.

“Un nuovo essere si affaccia alla vita e io, di soppiatto, voglio subito vedere come è, come è fatto,  come è cresciuto. Sono ansiosa come un bimbo che a Natale trova sotto l’albero il suo regalo e tenta di sbirciare e toccare per capire cosa c’è dentro. Sì, la nascita di un seme a me riporta tutto questo e la gioia di vederlo spuntare da sotto il suo “giaciglio”, di vedere la terra che era stata ben pressata rigonfia, quasi come se questo piccolo essere  boccheggiasse e cercasse di rompere quello strato compatto che non gli permette di respirare, di assaporare aria pura, di vedere come è fatto il mondo, sono cose indescrivibili per me. E do aria a questo nuovo essere, tolgo con cautela il “telo” che lo ricopre e così l’aiuto a trovare aria e luce, importanti per la sua crescita.

Il tempo mi riporta indietro, quando, da giovane, in Ospedale, vedevo nascere una nuova vita e non posso dire di provare la stessa gioia, ma è sempre qualcosa di vivo che nasce, che si muove. E allora guardo, giorno dopo giorno, il suo sviluppo, il suo portamento, la sua capacità di sopravvivere con poco. Ecco, questo è quello che provo quando al mattino entro nella mia piccola nursery e vedo tutte le nascite dell’anno, allineate, etichettate, assemblate categoria per categoria, e, scusate se mi ripeto, ma mi sembra di ritornare giovane, quando entravo e cercavo tra tanti il bimbo che avevo visto nascere. Malinconia del passato? No, gioia del presente!!!”.

Ora queste mie mani ormai stanche, ma sempre molto attive, scrivono, pitturano, strimpellano la chitarra, ma soprattutto fanno la cosa più bella del mondo: abbracciano, cambiano pannolini, danno il biberon, coccolano, cullano, sfogliano libri.

Queste mie mani sono diventate “Mani di nonna!”

nonni

 

Jill Barklem

JILL BARKLEM 1

Devo confessare che non conoscevo questa illustratrice. Per caso, in biblioteca, ho trovato 5 suoi libri: Storia d’estate; Storia di mare; Papaverina e i bambini; Nozze d’estate a Boscodirovo;  Sorprese a Boscodirovo. Logicamente li ho presi tutti e mi ha colpito la minuziosità nei particolari dei disegni. Di conseguenza mi sono documentata cercando in rete sue notizie che trascrivo.

Jill Barklem è nata a Epping, in Inghilterra, nel 1951, dove tutt’ora vive con il marito e i suoi due figli, Elizabeth e Peter.  

A tredici anni il distacco della retina le impedì di potersi dedicare ai giochi e alle attività sportive, cosi  sviluppò l’innata passione per l’osservazione della natura. Successivamente studiò zoologia, si iscrisse alla St. Martin’s School of Art di Londra , città che era obbligata a raggiungere ogni giorno in treno. Fu durante quei lunghi e noiosi spostamenti che cominciò ad immaginare la vita di una colonia di topolini che viveva da qualche parte in campagna, in un posto che offriva pace e ispirava sentimenti di amicizia e fratellanza.

Trascorse cinque anni per la ricerca prima di iniziare a scrivere le sue prime storie di topi di Brambly Hedge, sull’altro lato del torrente, attraverso il campo. Durante una delle sue passeggiate nella foresta di Epping si imbattè in un luogo che avrebbe potuto benissimo essere Boscodirovo e fu guardando le radici nodose e intrecciate di un albero che incominciò ad immaginare piccole case collocate all’interno dei tronchi. Se si guarda molto attentamente, tra le radici aggrovigliate e steli, si può anche vedere un filo di fumo da un piccolo camino, o attraverso una porta aperta, una ripida rampa di scale in profondità all’interno del tronco di un albero. Man mano che il suo mondo immaginario prendeva forma, Jill cominciò a fare dettagliati schizzi dei topolini e ad annotare come vivevano, che cosa mangiavano, che cosa cucinavano, come si vestivano, come conservavano il cibo, come si divertivano.

Jill dedica dodici anni alla preparazione della raccolta delle sue prime quattro storie: Le quattro stagioni di Boscodirovo.

Destinati a bambini piccoli, i libri erano un successo immediato con i lettori di tutte le età e in breve tempo. Questa è la storia di come Brambly Hedge è passato da un pezzo di carta su un treno della metropolitana alla fine degli anni 1970 ai bambini di tutto il mondo.

Suo modello dichiarato è Arthur Rackham, illustratore inglese del periodo vittoriano ricordato soprattutto per le illustrazioni di opere per bambini come Alice nel Paese delle Meraviglie e il Paesaggio di Boscodirovo è quello del Lake District (il medesimo di Beatrix Potter) molto familiare a Jill.

Storie infatti che all’apparenza sembrano molto semplici nascondono un’accurata e minuziosa ricerca da parte di Jill: “Il perchè sta nella mia pignoleria. Ogni fiorellino deve avere il giusto numero di petali e crescere nel posto giusto al momento giusto e non c’è cosa che facciano i topolini che non sia assolutamente congruente alle loro possibilità e al piccolo mondo nel quale si muovono”.

Tra la pubblicazione del primo gruppo di libri e quella del secondo passarono 17 anni. Nel frattempo erano nati due figli che la impegnavano molto, ma il vero problema era che Jill faticava a lavorare perchè soffriva di gravi problemi alla vista che aveva sforzato parecchio disegnando tavole tanto particolareggiate. 

Giunta alle ultime illustrazioni, Jill non riusciva a distinguere che metà della pagina alla quale stava lavorando. Tutto il resto era nebbia. Per alleviare la pressione sul nervo ottico, dovette sottoporsi ad un intervento che riuscì ma non potè più disegnare.

Jill Barklem

Beatrix Potter

Peter Rabbit

L’illustratrice, naturalista e ambientalista Helen Beatrix Potter nasce a Londra nel 1866.

L’artista riscuote fama e successo soprattutto per i suoi libri illustrati per bambini.

Da piccoli, Beatrix e Bertram, il fratello minore, hanno numerosi animali domestici, che osservano con attenzione e amore. Trascorrono le vacanze estive in Scozia e nel Lake District dove Beatrix sviluppa un forte amore per il mondo naturale. In questi mesi di libertà e spensieratezza imparò a conoscere e a ritrarre gli animali e la natura, e sicuramente da questi luoghi trasse l’ispirazione per alcuni dei suoi racconti, nei quali i suoi piccoli protagonisti vestiti, ne combinano di tutti i colori.

Educata da istitutrici private fino all’età di diciotto anni, Beatrix Potter poi si dedica allo studio delle lingue, della letteratura, della scienza e della storia, mostrando grande attitudine agli studi. Nonostante i suoi interessi e le sue ambizioni, non le fu permesso di proseguire gli studi, poiché in quegli anni, secondo i rigidi precetti vittoriani infatti le donne dovevano occuparsi esclusivamente della casa. Ma Miss Potter non era assolutamente d’accordo… lei da grande voleva scrivere… e grazie alla sua invidiabile determinazione ci riuscì! Fu allevata da una governante Scozzese, che le racconto storie di fate, folletti e streghe, e dato che non le era concessa frequentare amiche, trascorreva la maggior parte del suo tempo insieme ai suoi animali domestici, dipingendo e inventando storie su di loro.

Così la giovane Potter, a partire dai 15 anni comincia a scrivere un diario, ma usando un proprio codice segreto, che verrà decodificato solo 20 anni dopo la sua morte.

Il suo personaggio più noto è Peter Rabbit, “Peter coniglio”, uno dei suoi più cari compagni di gioco. Questo racconto nasce sotto forma di lettera privata, scritta da lei, nel 1893, durante una vacanza in Scozia, e mandata al figlio malato della sua governante. Questa stessa governante la spronò a farlo pubblicare come libro. Nel 1901 decide di pubblicare a sue spese “La storia del coniglio Peter” (The Tale of Peter Rabbit), un libro illustrato per ragazzi. Una delle 250 copie raggiunge la scrivania di Norman Warne, capo della casa editrice Frederick Warne & Co., il quale decide di dare alle stampe il racconto. Dal giugno del 1902 fino alla fine dell’anno il libro vende 28.000 copie. Nel 1903 pubblica un nuovo racconto, “La storia dello scoiattolo Nutkin” (The Tale of Squirrel Nutkin) che ottiene altrettanto successo. Dopo il primo racconto, ne seguirono altri 22.

Oltre ai libri, vennero creati da lei anche numerosi gadget, come per esempio pupazzi dei personaggi dei suoi racconti, giochi da tavolo, coperte per bambini e altri oggetti.

La maggior parte dei suoi personaggi sono ispirati ai suoi animali domestici… conigli, ricci, topi, lucertole, rane, pipistrelli ecc. Altri, invece, traggono ispirazione da “persone” da lei conosciute… come quello di Mrs Tiggywinkle, ispirato ad una lavandaia di Dalguise House, la tenuta dove risiedeva quando visitava la Scozia.

Si fidanza ufficialmente con il suo editore Norman Warne nel 1905, nonostante la disapprovazione dei suoi genitori, ma il marito muore di leucemia un mese dopo le nozze.

Con il ricavato dei libri ed un lascito di una zia, la Potter acquista una fattoria a Sawrey, un piccolo villaggio nel Lake District inglese vicino ad Ambleside nel 1905, dove rimane fino alla sua morte, avvenuta nel 1943.

Si sposò per la seconda volta nel 1913, all’età di 47 anni, con l’avvocato William Heelis.

Oltre a dedicarsi alla vita contadina, la Potter continua a scrivere ed illustrare libri per bambini fino a quando purtroppo la diminuzione della vista le rende impossibile continuare il lavoro. Beatrix inoltre decise di colorare i disegni, originariamente in bianco e nero.

Alcuni dei suoi documenti sono stati ritrovati recentemente, accompagnati dalle illustrazioni disegnate da Beatrix stessa.

BEATRIX POTTER

Holly Hobbie

HOLLY HOBBIEChi è Holly Hobbie? La creatrice di questo famoso personaggio è Denise Holly Ulinskas, nata nel 1944 ed è cresciuta in una fattoria del Connecticut. Nel 1964 ha sposato il suo amore del liceo e scrittore Douglas Hobbie. Insieme hanno costruito la loro casa nel Massachusetts occidentale con i loro tre figli Brett, Jocelyn, e Nathaniel, dove vive tutt’ora.

La scrittrice e illustratrice è famosa per aver creato i personaggi Toot and Puddle e la bambina che da lei ha preso il nome: Holly Hobbie.

Le sue illustrazioni descrivono quasi sempre luogi e personaggi in campagna, nella natura.

Lanciata come grafica per biglietti di auguri, Holly Hobbie è diventata in breve tempo un vero e proprio fenomeno culturale di enorme popolarità a livello globale. Nei suoi disegni traspare l’amicizia, bontà, semplicità.

In Italia, negli anni ’80 Holly Hobbie ebbe un successo strepitoso, entrando nelle case italiane, con la celebre Ragdoll, la bambola di pezza dal vestito patchwork.

Da qualche anno Caffarel, l’azienda di prodotti dolciari e di cioccolato ha scelto Holly Hobbie per la linea di biscotti.

I disegni di Holly Hobbie e quelli di Sarah Kay denotano una certa somiglianza. Personalmente preferisco la seconda, trovo che i soggetti siano più realistici, ma questi sono gusti personali.

Hollie Hobbie 1

 

Nuove favole dei Nonni

Il progetto sui nonni continua. Hanno scritto delle nuove favole nell’ora che avevamo a disposizione. La seconda e terza volta che ci siamo visti erano già più esperti, avevano maggiori idee e anche gli interventi sono stati effettuati da più persone.

Si sono aggiunti al gruppo nuovi nonni e questo mi ha fatto molto piacere.

Mi sono stati consegnati anche dei disegni delle favole che inserirò dopo aver avuto il consenso da chi li ha realizzati.

Li ho trovati bellissimi!

libro nonni

Sarah Kay

SARAH KAYNel corso degli anni ho dipinto molte t-shirt, cuscini, lenzuolini. Ho cercato di lavorare molto sui particolari, copiando da libri illustrati presi in prestito in biblioteca. Ho eseguito anche molti disegni di Walt Disney ma i miei preferiti sono sempre stati quelli della famosa e ineguagliabile Sarah Kay.

Ma chi è Sarah Kay? E’ lo pseudonimo creato negli anni 70 da Vivien kubos, illustratrice e autrice australiana di libri per bambini.  Vivien ha lavorato dalla sua casa nel sobborgo del porto di Greenwich a Sydney. Greenwich è una meraviglioso tasca di boscaglia sul porto di Sydney e ha una notevole fauna selvatica. Alla signora Kubbos bastava guardare fuori dalla finestra per trovare ispirazione nella bellezza naturale.

Quando sua figlia Allison si ammala gravemente Sarah decide di ricreare nei disegni il mondo incantato della sua infanzia con l’obiettivo di confortare la bambina.

Come è nata Sarah Kay? Sarah era il nome dell’animale domestico della signora Kubbos e  Kay è stato aggiunto avendo la stessa iniziale di Kubbos. Essa prova a vendere le illustrazioni e trova un editore che comprerà venti tavole da trasformare in una serie di biglietti di auguri di compleanno. In poco tempo andranno tutti a ruba e per “Sarah” sarà l’inizio di una carriera di grande successo, nonostante la quale la disegnatrice non si metterà mai sotto le luci dei riflettori, continuerà infatti a essere molto riservata e di lei si sa solo che vive tutt’ora in un sobborgo di Sidney, con Allison e Adam, i suoi figli e ha un magnifico giardino.

Qui sotto una delle rare fotografie di Vivien Kubbos con i suoi figli.

Vivien Kubbos

 

Nuovi Progetti

Ho nel cassetto due nuovi progetti, uno dei quali è già iniziato e consiste nel far scrivere una favola alle persone anziane che si trovano presso una struttura in cui faccio volontariato.

Malgrado non sapessi se potevano essere interessati e se fosse problematico interagire con queste persone anziane, sono rimasta basita e molto soddisfatta. Questi adorabili ospiti in un’ora sono stati capaci di scrivere una favola accompagnata dal titolo e dalla morale della stessa. 

Il mio compito è stato solo quello di consigliare le basi, la struttura della storia, gli elementi necessari per la realizzazione in modo da poter far si che tutti potessero contribuire. Ogni nuova cosa aggiunta doveva essere approvata all’unanimità.  

E così è nata la prima favola dal titolo: “L’amicizia è superiore alla cattiveria”.

A breve verrà inserita nel blog. Se la leggerai, lasciami un commento, sarebbe molto gradito. Grazie

Ricordate: è stata interamente scritta dai nonni!

Del mio secondo progetto vi parlerò a breve, appena avrò messo luce alle mie idee.

lampadina 3

Una nuova favola

La notte precedente la nascita della mia seconda nipotina l’ho passata accanto a Giada, la nipotina di 3 anni. Ignara di tutto dormiva beata ma, svegliandosi nel pieno della notte, mi ha trovato accanto a lei. Sgomenta di questo, nel suo dormiveglia, i suoi occhioni chiedevano una risposta a questa novità. Perchè ero li! Le sue prime parole sono state “Io voglio mamma”!  Come spiegarle che mamma era dovuta andare in ospedale? Come spiegarle che, probabilmente al suo nuovo risveglio sarebbe stata la sorella maggiore? Come spiegarle che per alcuni giorni mamma non l’avrebbe coccolata di sera e messa a letto? Due lacrime cominciavano a scorrerle sul delicato visino, due grandi occhi azzurri spalancati chiedevano risposte su domande che non era riuscita a formulare. Allora ho fatto la cosa più facile al mondo: le ho messo accanto il suo adorato peluche Teddy, soprannominato da lei Nino e le ho raccontato una favola. La storia dell’Orsetto Teddy.

La troverete nell’elenco delle favole.

Inutile dire che è servito, il sonno è arrivato, anche se ancora colmo di dubbi e domande. Abbracciata al suo adorato Nino!

Nonna bis

La nascita di una nuova vita è un qualcosa di indescrivibile. Attendi con ansia questo momento, non hai idea di come sarà: biondo o castano? roseo o pallido? Attendi e speri che tutto vada bene, Mille pensieri assillano la tua mente, i tuoi ricordi riaffiorano e sembra che non siano passati anni da quando tu, adesso nonna ma prima mamma, hai trepidato di gioia mista a  ansia in attesa del lieto evento. L’arrivo di un figlio.

Poi ti viene presentata la tua nuova nipotina. Ma è bellissima! E’ il primo aggettivo di tutti ma ai tuoi occhi non solo è bella, e MERAVIGLIOSA! Due guancette che ti dicono: baciami; due occhioni che penetrano dentro di te e scavano nella tua anima; due manine che afferrano il tuo dito quasi per dire”sono attaccata a te” : al tuo essere, al tuo destino, alla tua vita. E allora, dentro di te, le dici che è al sicuro, che farai di tutto per appianarle la strada, farai di tutto perchè possa essere felice. E allora lei, guardandoti con i suoi occhioni sembra che ti dica “Lo so già, nonna!”.