Ho finito di leggere da poco tempo un libro sulla vita della scultrice francese Camille Claudel che ho trovato angosciante, al punto tale da non riuscire nemmeno a leggerlo tutto. Non aggiungo particolari del perché ma le motivazioni sono tante.
Ebbene, ecco che senza volere mi imbatto di nuovo in un caso simile. Questa volta si tratta della pittrice Séraphine Louis de Senlins che come storia si avvicina molto a quella di Camille. Sembrerebbe di leggere la favola di Cenerentola ma questa è una storia vera.
Di lei, come donna e come artista se n’è sempre parlato poco, fino al 2008, in seguito al film di Martin Provost, Seraphine. Il film ha trionfato ai Premi César 2009, con sette premi vinti, fra cui quello per il miglior film e miglior attrice a Yolande Moreau.
Séraphine Louis de Senlins (1864-1942) nasce in francia, ad Arsy, da una famiglia di pastori. Dopo la morte prematura della mamma inizia a lavorare come domestica in un convento, ma se all’inizio credeva che quel mondo fosse il suo ben presto capisce che la sua strada, il suo futuro è fuori, nel mondo.
Continua ad essere una credente devota e, uscita dal convento, la donna inizia a dipingere all’età di quarantadue anni, di sera, alla luce di una piccola lampada a olio, stendendo fogli, tele o pannelli per terra. Dipinge e prega. Recuperava tele e colori come meglio poteva, spesso rinunciando a qualche razione di cibo. Secondo quanto lei raccontava, ad indirizzarla verso la pittura sarebbe stato un angelo o la Madonna.
I soggetti dei suoi quadri sono tappeti di fiori, quei fiori che la mamma adorava, tanto che la figlia arrivò a divinizzarla, trasformandola in una Santa. Per questo non sono semplici decorazioni, ma si distendono sul supporto con una notevole forza espressiva, come percorsi da una semplice, violenta bellezza. i suoi fiori scrutano lo spettatore, come fossero occhi e l’intensa carica onirica e mistica, sottesa a quella produzione. Un costante ritorno ai prati fioriti della madre.
Continuando a lavorare a ore come cameriera per diverse famiglie per mantenersi, ha occasione di lavorare anche per William Uhde, nel 1912, collezionista e critico d’arte. Ma dal carattere riservato Séraphine non parla mai della sua passione.
Ma un giorno William Uhde recandosi nella casa del vicino nota, appesa tra gli altri quadri, una natura morta, raffigurante delle mele, che colpisce immediatamente la sua fantasia. Un volta appreso che il quadro è stato creato dalla cameriera di entrambi per il critico è una piacevole scoperta. Superato un primo momento di stupore e resosi conto delle potenzialità dell’autrice, decide di comprarle tele e colori, così da favorire l’emergere di un’arte a suo giudizio ricca di immaginazione.
Fu da allora, dalla veneranda età di 48 anni, che Séraphine Louis vide riconoscersi una sorta di talento di stampo naif; un talento che si esplicava però soltanto nell’incondizionata rappresentazione di fiori, piante e vegetazione e che esulava da qualunque altro stampo iconografico.
Ma la carriera della fragile pittrice crollò di lì a poco. La Grande Depressione del 1929 trascinò nel baratro gli investimenti di Uhde tanto da farlo quasi fallire come mercante d’arte e curatore di mostre. Non ebbe più la possibilità di acquistare i quadri e anche gli altri scarsi clienti spariscono. Séraphine dal canto suo ha sempre usato i proventi della vendita dei dipinti per spese ritenute dissennate, per acquistare oggetti completamente inutili.
Sempre più insicura ed instabile, nel 1931, viene rinchiusa in un manicomio, dove le viene diagnosticata una forma di psicosi cronica con manie di grandezza.
Ma la fortuna critica di Seraphine Louis de Senlis, continuò a coinvolgerla anche quando la sua psiche l’aveva già abbandonata.
Uhde nel frattempo non si lasciò vincere dall’ abbandono della sua artista di punta: il mercante espose le sue opere nel 1932, alla mostra “The Modern Primitives” di Parigi; ancora nel 1937-38 in una mostra dal titolo “The Popular Masters of Reality”, che si tenne in diverse fasi a Parigi, Zurigo ed al MoMA di New York; nel 1942 presso i “Primitivi del secolo ventesimo” in mostra a Parigi, e infine, nel 1945, in una mostra personale delle sue opere sempre nella capitale francese
Seraphine Louis de Senlis invece, abbandonata dal mondo e lasciata macerare a se stessa morirà di stenti e fame all’età di 68 anni, in una Casa di cura a Villers-sous-Erquery, che a ridosso della seconda guerra mondiale, non poteva più garantire una vita dignitosa ai malati che ospitava.
Le su ultime parole furono: “Ho fame!”.
Tratto da:
https://www.stilearte.it/la-favola-di-seraphine-louis-da-cameriera-ad-artista-naif/
http://svirgolettate.blogspot.com/2013/08/seraphine-louis-de-senlis-il-genio-e-la.html
mi dispiace che un tale talento abbia dovuto soffrire tanto… si sarebbe meritata tanti onori e la possibilità di disegnare in tutta libertà
Brava Lucia che ne parli ^_^
Purtroppo in quel periodo molte donne dotate venivano rinchiuse in manicomi. La diversità (in questo caso il talento) è sempre un problema esistenziale
molto interessante e avvincente la storia du quest’ARTISTA! gRAZIE!!
Grazie a te Gisella per aver letto.