Contemporaneamente una civetta si è posata delicatamente sul filo da stendere, ma il mio urlo l’ha frastornata e, così come è venuta, è andata via.
Accipicchia, mi sono detta. In tutta la mia vita non ho mai visto un rapace così vicino a me e l’ho mandato via. Chissà quando mi si ripresenterà una situazione simile.
Ma non era preventivato e quindi non potevo reagire diversamente.
Ho visto tanti rapaci in volo, in montagna: falchi, pernici, gufi, fino alle maestose e meravigliose aquile, ma sempre da lontano.
Che occasione unica! Ho impresso in me il suo sguardo dagli occhi enormi che non erano da “cattivo”, come di solito si definisce lo sguardo del rapace, ma di introspezione.
Credo che anche lui ( o lei) ne abbia risentito della mia presenza e quindi sia sfuggita ad ali spiegate verso un luogo più sicuro.
E poi ricordo la sua apertura alare volteggiare libera nell’aria e allontanarsi sempre di più fino a scomparire.
Allora mi sono ricordata che negli ultimi giorni, di notte, sentivo dei suoni simili a un miagolio ed è proprio questo il “canto della civetta”. Un suono che evidenzia sia il suo territorio che un pericolo imminente.
Poi è prevalsa la paura. Ma non si dice che la civetta porta sfortuna? Sono ritornata con il pensiero nella civiltà moderna e, logicamente, mi sono documentata per saperne di più.
Non sono fortunatamente superstiziosa ma curiosa.
Ho letto quindi che “ingiustamente” la civetta è ritenuta una iettatrice!
Fonti sostengono che porti disgrazia solo alla casa verso la quale volge lo sguardo, e fortuna agli occupanti di quella sulla quale è posata.
E direi che sulla mia si è proprio posata e quindi mi aspetto al più presto una bella notizia!