C’era una bimba che si chiama Rosetta che amava passeggiare in campagna con il nonno. Il nonno le insegnava molte cose: come si semina il grano, quando si raccoglie, che cosa si ottiene da esso. Una volta era il grano, una volta l’orzo o il fieno. Quante cose sapeva il nonno e Rosetta ascoltava e imparava.
Un giorno la bimba vide sul ciglio della strada un bellissimo bruco variopinto. Incurante di lei, con la sua andatura lenta e disarticolata voleva intrufolarsi nel prato per nascondersi. Poteva diventare pasto per un uccello, quindi non farsi vedere.
Rosetta, che amava molto gli animali e curiosa come tutti i bambini, lo prese delicatamente in mano e chiese al nonno il permesso di poterlo portare nel giardino di casa. Il nonno acconsentì!
Ogni giorno lo cercava e lo coccolava mettendolo sul palmo della mano.
Ma dopo poco tempo la bimba si disinteressò di lui perchè il papà le regalò un gattino, che chiamò Romeo. Era molto più divertente giocare con lui!
Passarono i giorni, la bimba si affezionò tantissimo a Romeo ma pensava anche al bruco. In fin dei conti era stato con lei parecchi giorni. Chissà se era cresciuto!
Andò così a cercarlo nell’angolo del giardino dove di solito stava ma non lo trovò più. Nello stesso momento però vide volteggiare intorno a lei una bellissima farfalla di vari colori.
Rosetta riconobbe che era il bruco che si era trasformato in farfalla.
Ma subito dopo volò via, era ancora arrabbiata con la bimba per averla abbandonata.
Rosetta, incantata dalla bellezza della farfalla riuscì però a prenderla e a metterla in una gabbietta. Chissà come sarebbero stati invidiosi i suoi compagni se l’avesse portata a scuola.
E così fece! Tutti i compagni ammirarono la farfalla e le diedero anche un nome: Iride!
Ma la felicità della bimba durò pochissimo, la farfalla era triste, non poteva vivere in gabbia, doveva volare, essere libera e felice.
E, meravigliando tutti, Rosetta aprì la gabbia ridandole la libertà. Iride era felicissima!
Riconoscente verso Rosetta, tutti i giorni si presentò anche lei a scuola, poggiandosi sulla lavagna.
Diventò così la mascotte della classe, il suo svolazzare leggiadro esprimeva gioia e gratitudine.
E quell’anno i bimbi furono contenti di aver conosciuto una così bella e variopinta farfalla. Chissà se sarebbe ritornata anche il prossimo anno.
Questo sogno non avrebbe potuto realizzarsi ma loro la aspettarono sempre.
Morale: non abbandonare mai chi ti vuol bene!